Il virus della diseguaglianza

La pandemia ha reso forti i divari già presenti nella società

Le 1.000 persone più ricche del mondo hanno recuperato in appena nove mesi tutte le perdite accumulate per l’emergenza Covid-19, mentre i più poveri per riprendersi dalle catastrofiche conseguenze della pandemia potrebbero impiegare più di 10 anni. È quanto emerge da Il virus della disuguaglianza, il rapporto pubblicato da Oxfam, organizzazione impegnata nella lotta alle disuguaglianze in occasione del World Economic Forum di Davos.
A dicembre la ricchezza dei miliardari nel mondo aveva raggiunto il massimo storico di 11.950 miliardi di dollari, ossia quanto stanziato da tutti i Paesi del G20 per rispondere al coronavirus.

Il Covid19 ha reso più evidenti alcuni importanti divari già presenti all’interno della società. La fascia meno istruita è stata ulteriormente penalizzata, nel lavoro e nelle condizioni di vita. Angus Deaton, premio Nobel studioso delle diseguaglianze, sostiene che il Covid19 aumenterà il divario tra ricchi e poveri in America. La pandemia ha colpito prima e di più i Paesi ricchi, finendo per ridurre in qualche modo il divario tra Paesi ricchi e poveri. “Questo è forse l’unico modo in cui il Covid ha reso il mondo giusto” scrive Deaton.

Un sondaggio globale svolto da Oxfam in 79 paesi rafforza tali previsioni, mentre la Banca Mondiale prevede che entro il 2030 oltre mezzo miliardo di persone in più vivranno in povertà.
Le donne, ancora una volta, sono le più colpite perché impiegate nei settori professionali più duramente colpiti. Le donne rappresentano oltre il 70% della forza lavoro impiegata in professioni sanitarie o lavori sociali e di cura. Questo le espone a maggiori rischi.

La pandemia uccide in modo disuguale: sono le donne e le minoranze etniche a subire il peso maggiore della crisi. In molti paesi sono i primi a rischiare di soffrire la fame e ritrovarsi tagliati fuori dall’assistenza sanitaria”.

I divari nell’istruzione hanno inciso in modo forte: 1/3 degli americani ha un diploma universitario e 2/3 invece ne è sprovvisto. Un fattore, questo, che comporta come prima conseguenza la possibilità o meno di accedere ad un posto di lavoro e, dunque, di avere o meno un dato stile di vita. Si nota ancora quindi – prosegue – che dal 1990 al 2018, l’aspettativa di vita di chi è sprovvisto di istruzione, non ha subito variazioni in positivo. Per contro, in questi 2/3 di popolazione si assiste invece a una più diffusa abitudine al fumo e alle droghe.
In questo contesto il Covid19 ha ampliato le disuguaglianze. I meno istruiti si sono trovati in condizione di non poter lavorare da remoto.

Un altro importante dato di diseguaglianza riguarda le donne. Perché le donne potrebbero soffrirne di più? Prima di tutto perché ci sono molte meno donne che lavorano: il 94% degli uomini tra i 25 e i 54 anni ha un’occupazione, contro il 63% delle donne nella medesima fascia di età.
Le donne, quando lavorano, hanno uno stipendio minore. Gli ultimi dati Eurostat sulla disparità salariale tra uomo e donna in Europa [Vedi qui], registrano una differenza media del 15%.
Oltre all’aspetto economico vi sono implicazioni sociali. Secondo le Nazioni Unite, la chiusura delle scuole e dei centri diurni per le persone non autosufficienti aumenta la mole di lavoro domestico e di cura. Le donne che lavorano spendono, in media 4,1 ore al giorno per i lavori domestici e di cura non retribuita, contro solo 1,7 ore al giorno degli uomini. La pandemia enfatizza le note e sedimentate disparità.