Dopo la pandemia: tra tecnologie e vita buona

Le città hanno in atto trasformazioni che lasceranno traccia. Anche per effetto del tempo “liberato” dal lavoro, tutte le città hanno visto cambiare i ritmi di vita. Gli uffici si sono svuotati e i negozi sono stati chiusi. I lavoratori della conoscenza hanno cominciato a lavorare a casa per la maggior parte del tempo, lasciando agli uffici il ruolo accessorio di scambio di idee. Abbiamo cominciato a immaginare una città più sana, più produttiva, meno inquinata, ma anche meno solitaria. Forse una nuova domanda di socialità segnerà la nostra ripresa di una vita buona.

Intanto, internet ha definitivamente cambiato il nostro modo di fare acquisti. La crisi – in molti casi la chiusura – dei negozi e della distribuzione cambierà lo scenario urbano. I negozi si stanno trasformando in showroom dove i clienti in molti casi proveranno la merce per poi effettuare gli acquisti on line.

Questa tendenza influisce su numerosi aspetti. Intanto il calo della vendita al dettaglio danneggia diversi soggetti: i proprietari, le amministrazioni cittadine (il cui reddito fiscale calerà di conseguenza) e il personale dei negozi. Bisognerà ripensare anche i centri commerciali che dovranno trovare altre destinazioni, più orientati al tempo libero che all’acquisto e che oggi sono invece attraversati con disagio.

Ma il centro delle città, oltre questa fase difficile, non perderà il proprio ruolo. Ristoranti e bar resteranno luoghi di incontro. Nasceranno spazi di co-working, una sorta di via di mezzo tra lavoro in impresa e lavoro a casa. Il lavoro cercherà nuovi spazi: potrà essere svolto in un contesto sociale, libero da compiti domestici e di cura. 

Le città si ridisegneranno su nuove necessità di servizi e nuove forme di aggregazioni. Molti spazi diventeranno adattabili: un ufficio di giorno potrà ospitare un club giovanile e un’associazione la sera, o semplicemente un gruppo di esperti. Lo spazio occupato oggi per le auto parcheggiate potrebbe essere forse utilizzato, per tavoli da ping-pong, orti, parchetti per bambini. Ciò che più conta, le persone utilizzerebbero lo spazio per lo scopo principale delle città: incontrare altre persone, spendere tempo in un contesto gradevole, sperimentare varie forme di socialità.

Dove possibile, includeranno spazio di co-working in comune. I condomini avranno una cassetta per i pacchi, visto che gli acquisti saranno on line. La nuova casa disporrà di un distributore di disinfettante vicino alla porta d’ingresso. 

Molte città stanno moltiplicando lo spazio dei giardini. Uno spazio da utilizzare può favorire la comunità e la salute, ridurre la solitudine, produrre cibo, risparmiare sull’aria condizionata. Denver ha più di 180 orti comunitari. Ma la loro creazione non può essere ordinata dall’alto, bensì nascere dal coinvolgimento delle persone. Gli spazi verdi possono assumere molte forme diverse. Parigi sta progettando “foreste urbane” su siti di pietra o cemento come il cortile del suo municipio. 

Tutte le città dovranno associare la conservazione degli edifici alla buona manutenzione del verde. Possiamo scommettere che dopo mesi di desolante distanziamento, vivremo la socialità come un requisito importante della nostra qualità della vita. Sperimenteremo nuove forme di arte urbana che non saranno orientate alla memoria del passato, ma verso un coraggioso sguardo al futuro. 

Abbiamo vissuto lo smarrimento di un tempo che si è dilatato. All’overdose di chat con cui riannodiamo amicizie e legami professionali, fa da contraltare la distanza timorosa della strada. Ci si parla il meno possibile, ci si scansa. La paura astratta del virus diventa la paura concreta del corpo dell’”altro” che si avvicina. 

Si aprono intanto interrogativi concreti che riguardano i tempi di lavoro e di vita, la libertà di circolare liberamente nei centri delle città, la capacità di riprendere stili di vita che favoriscano la conciliazione. 

Il centro della città potrà essere di nuovo il luogo degli acquisti? Certo in modo diverso rispetto al passato.

E’ imperativo ripensare, ad esempio, al ruolo dei negozi di abbigliamento che, peraltro già decine di anni fa, in altri paesi, si incardinava su un mix di luoghi di sosta e luoghi di acquisto. 

La funzione delle piazze dovrà essere ripensata per rilanciarne la loro capacità di attrazione. Siamo abituati a pensare alle città misurandone le parti in termini di attività e di funzioni, peraltro delimitate da orari per lo più troppo corti rispetto alle esigenze di chi lavora. 

Anche l’allungamento degli orari di apertura di numerosi uffici potrebbe contribuire a rendere le piazze abitate più a lungo. Amsterdam, ad esempio, da diversi anni ha nominato un sindaco di notte, responsabile della gestione della città dopo il calar del sole. 

Dovremmo ricordare che prima di pianificare è necessario capire e, per capire, è necessaria, insieme alla conoscenza del proprio territorio, una buona dose di immaginazione.

prima di pianificare è necessario capire

Resta l’esigenza di pensare la città come un insieme di aree dotate di servizi essenziali. Tra questi non solo i negozi di alimentari, ma i giardini pubblici dove le persone trovino anche panche per sostare, attrezzi ginnici e giochi per i piccoli. Nuovi modi di consumare favorirebbero una maggiore elasticità nell’uso del tempo da parte di tutti, donne e uomini. 

Come cambiano i consumi

L’acquisto online sarà protagonista delle scelte di consumo, in forme nuove. In base allo studio dell’Osservatorio eCommerce B2C del Politecnico di Milano, infatti, l’acquisto in formato digitale dovrebbe aver superato, sul finire dello scorso anno, i 22 miliardi di euro.

In termini percentuali, ciò corrisponderebbe ad una crescita di circa il 26% in confronto al 2019. Sebbene il mondo dell’eCommerce sia stato coinvolto nel suo complesso, alcuni settori ne hanno giovato più degli altri.

La spesa per l’alimentazione, nelle famiglie, è aumentata per il 64%, mentre l’abbigliamento è stato il più penalizzato, con il 58% dei consumatori che ha ridotto il budget. L’Europa a due velocità, descritta da una recente ricerca condotta da PwC, prova a reagire. Ad esempio, per la moda si attende una contrazione significativa (18,6% rispetto al 2019). Saranno necessari nuovi provvedimenti strutturali per la ripartenza.

Di fronte ad un calo dei consumi segnalato da diverse fonti è cresciuto l’e-commerce. Ed è cresciuta l’attenzione alla sostenibilità con catene del valore tracciabili e maggiore coinvolgimento del consumatore.

Un’attenzione alle nuove generazioni passa dal problema della disoccupazione. Per riequilibrare la domanda-offerta di competenze dei giovani sono necessari sforzi sia delle istituzioni che del privato per rendere il sistema formativo più reattivo ai cambiamenti, per finanziare idee e progetti dei giovani e per i giovani, oltre che per riconoscere l’esigenza di includere una rappresentanza under 35 ai tavoli decisionali. I consumi durante il lockdown non sono scesi. Millenials e donne sono rimasti i soggetti del consumo. 

Si trasformano le vetrine che cercano nuovi modi per avvicinare i passanti. Come stimolare la curiosità superando la paura di contatti con oggetti percepiti come potenzialmente contaminati? Innanzitutto i negozi hanno imparato a rendere visibili le azioni di sanificazione. Ad esempio sollecitano la curiosità dei passanti con cartelli: “prova scarpe € 10,00”, a rassicurare gli acquirenti di un’attenzione rigorosa alla merce.

Il nuovo protagonismo delle donne

In un sondaggio svolto dall’UDI, nel periodo della pandemia le donne percepiscono l’organizzazione domestica ancor più sulle loro spalle, per questo la maggioranza sarebbe favorevole a lavorare a casa qualche giorno al mese.

Per molti aspetti la pandemia ha contribuito a sollecitare tendenze già in corso. Ciò è accaduto, ad esempio, per quanto riguarda lo smart working, che in pochi mesi è diventato pressoché universale. 

Le donne vivono una nuova consapevolezza del loro ruolo. Gestiscono per lo più i problemi di tutta la famiglia, affrontano temi nuovi come la didattica a distanza, sono addette agli acquisti e al compito di far quadrare il bilancio. Privilegiano le aziende che hanno prodotti “etici” e che comunicano un futuro sostenibile. Guardano il mondo con una consapevolezza diversa, che è vivere il quotidiano e le relazioni con una visione “larga”, capace di sostenere la flessibilità e la solidità necessarie nei tempi difficili.

Intanto l’ambiente urbano cambia: luoghi di associazione si adattano alle più svariate esigenze, centri polifunzionale di aggregazione e co-worker saranno ben più che sporadiche realtà. 

La modalità di acquisto si è diversificata. Nemmeno lo smart working sarà più abbandonato. Anzi dovrà essere organizzato per i lavoratori e le lavoratrici, che lo praticheranno con un contratto di lavoro adeguato. 

Le imprese dovranno modificare le loro strategie organizzative partendo dalla comprensione del mutamento in corso. Durante il lockdown gli italiani hanno passato più tempo in cucina e sono diventati più digitali. Ciò ha determinato un rapido e intenso mutamento per ciò che riguarda l’accesso alle tecnologie, ma anche il rapporto con il cibo. 

Secondo la Doxa i consumi degli italiani, che hanno riempito carrelli della spesa con prodotti di scorta e ingredienti vari e nel processo di digitalizzazione degli acquisti che ha accentuato la crescita dell’online, si intravede inequivocabilmente un nuovo interesse per l’ambiente e la sostenibilità. 

Quali sono le prospettive future? In primo luogo tutte le relazioni sociali si sono digitalizzate: lavoro, scuola, amici, un po’ di telemedicina. In un recente rapporto Doxa viene descritta questa trasformazione come un mix tra comportamenti del passato e nuove forme di consumo che vengono definite «un’innovazione che sa di retrò». Lo scenario attuale, infatti, se da un lato è caratterizzato dall’accelerazione di processi di ammodernamento (primi fra tutti la digitalizzazione e la diffusione dello smart working), dall’altro lato sembra raccontare una quotidianità che sembrava abbandonato da tempo. In sintesi, allo stesso tempo, si è riscoperta la dimensione casalinga e ci si è spostati online. 

Sono aumentate le ore trascorse in cucina. Gli italiani hanno riscoperto i piatti della cucina mediterranea come pane pasta e pizza. È aumentata la spesa di “food” in tutti i paesi mentre si è ridotta quella di abbigliamento. Il canale online è stato scelto da quasi un terzo dei consumatori italiani per gli acquisti quotidiani. Il 64% effettua acquisti di persona in negozio, il 29% ha rivalutato le piccole botteghe e i negozi di quartiere, ma troviamo la stessa percentuale per gli acquisti nei grandi supermercati (per concentrare gli acquisti in un unico store).

A questo fenomeno si contrappone una corsa alla digitalizzazione e all’home delivery dei piccoli rivenditori di nicchia, che si affianca alla marcata crescita dell’eCommerce. Il 13% ha sperimentato punti vendita nuovi che prima dell’emergenza non vendevano generi alimentari al pubblico. Il 70% ha aumentato gli acquisti online 

L’emergenza ha avuto un impatto anche sui temi dell’ambiente. Se da un lato – scrive ancora il dossier Doxa – un italiano su due ritiene che una volta superata la crisi sanitaria non ci si potrà preoccupare dell’ambiente perché ci saranno problemi più gravi da affrontare, (il 65% teme una forte recessione economica) dall’altro, più del 50% pensa che l’emergenza sanitaria sia solo una delle conseguenze della crisi ambientale. La sostenibilità diventa un nodo cruciale che resterà tale a prescindere dai problemi di contiguità e di sicurezza. 

I fenomeni avviati dovranno essere osservati con attenzione: ci indicano i segni di una rigenerazione urbana, di una vita più ricca, ma anche una sfida verso l’innovazione che non potrà essere ignorata.

  1. Osservatorio eCommerce B2C, Politecnico di Milano,
  2.  Sondaggio UDI, Lo smart working al tempo del coronavirus. In Italia il lavoro agile – così è definito nella legge che lo introduce in Italia con la l. 81 nel 2017.
  3. BVA Doxa 2020/Nuovi scenari di mercato